1 aprile 2014
di Alessandro Grittini

I testi scolastici vittime di un complesso di inferiorità?

Recentemente, in un articolo-saggio pubblicato sulla prestigiosa rivista francese “Esprit”, il professor Philippe Meirieu, celebre ed ascoltato pedagogista francese, docente presso l’Università di Lione 2, ha posto a tema una delle questioni asuo avviso fondamentali nell’attuale crisi dell’educazione in Francia ma, verrebbe da dire, anche in tutto il mondo occidentale avanzato. Si tratta del problema della sempre più scarsa capacità di attenzione dei ragazzi rispetto all’attività didattica e al lavoro proposto loro in ambito scolastico. E’ una questione, a suo dire, prioritaria di fronte a tutte le progettate e progettabili riforme strutturali della scuola e a tutte le problematiche pedagogiche circa la ridefinizione di una didattica efficace e realmente incisiva. Egli parla di una scuola “in preda alla distrazione”, di “distrazione permanente degli studenti che anche la trovata più originale non riesce ad annullare se non per qualche secondo”, di progressivo deterioramento di quella “attenzione profonda” sulla quale la scuola ha sempre puntato per raggiungere i suoi traguardi più alti, attenzione annullata da una sorta di zapping visuale-emotivo persistente. Tutto vero e niente di esagerato, come ben sa chi opera sul campo.Purtroppo però non sembra che della gravità di questo problema vi sia adeguata consapevolezza negli operatori del settore, spesso tesi a celebrare le “magnifiche sorti e progressive” dei nuovi strumenti tecnologici applicati alla didattica, ma non sempre adeguatamente impegnati ad interrogarsi su quanto tali strumenti contribuiscano o possano contribuire a modificare, in meglio o in peggio, a seconda dell’uso, la situazione.

Libro-fumetto, libro-luna park, libro-web (e in futuro libro-SMS e libro-twitter?)

Noi vorremmo, a partire da questa denuncia del cattedratico d’Oltralpe, suggerire un altro spunto di riflessione, chiedendoci che ruolo abbiano avuto in questa dinamica di calo di attenzione e di concentrazione negli studenti i libri di testo che, nonostante tutto, sono rimasti finora nella scuola italiana lo strumento base dell’attività didattica. E non si tratta di una domanda peregrina anche rispetto allasostituzione definitiva dello strumento cartaceo con il libro elettronico, sostituzione da alcuni auspicata e da altri, forse molti, paventata. L’impressione che se ne ricava, osservando tanti manuali attualmente in uso, non è del tutto positiva.

In generale sembra proprio che essi nel corso degli ultimi venti-trent’anni abbiano conosciuto una sorta di mutazione genetica determinata da un complesso di inferiorità, prima nei confronti della cultura delle immagini televisiva, poi, più di recente, rispetto alla cultura del web e dei social media con quanto essa comporta in termini di velocità di accesso all’informazione, apprendimento “mordi e fuggi” e approccio multitasking. Per restringere il campo di osservazione ai manuali di storia della scuola secondaria di primo grado, settore di nostra competenza, si nota in essi una progressiva riduzione del testo scritto affiancata all’uso sempre più debordante e onnipervasivo delle immagini, con didascalielunghe e complesse che anziché arricchire confondono. Il maggior problema è però costituito dal fatto che il tessuto narrativo di base, quello che delinea il percorso storico cronologico degli avvenimenti (ossia l’oggetto primo della disciplina) è continuamente interrotto e spezzettato da box, rimandi, richiami, immagini, frecce, tratteggi, link; le parole sono grassettate, evidenziate con colori i più svariati, riquadrate, sfondate (nel senso dello sfondo).

In questa estrema confusione è capitato non di rado che i ragazzi chiedessero che cosa devono studiare e magari dove devono riprendere a leggere dopo aver girato la pagina, non riuscendo a distinguere la narrazione-base dai rimandi,spesso sintetici e disorganici come dei linkche stimolano curiosità immediate che però non poi offrono spazio, tempo e modi per essere approfondite. L’attenzione, qui torna in gioco il problema da cui siamo partiti, è così spesso sviata e dispersa. Possiamo dire che si è passati nel corso degli ultimi trent’anni dai libri-fumetto ai libri-“luna park”, e ultimamente ai libri-pagina web e c’è da chiedersi se in questa sudditanza acritica verso il nuovo non si giunga a breve ai libri-SMS e ai libri-twitter. La vittima di questa impostazione è stata soprattutto la parola, e con essa, la frase, l’argomentazione organizzata e consequenziale, e di conseguenza la lettura attenta da parte dell’alunno, la comprensione profonda, l’arricchimento lessicale, la concettualizzazione astratta, l’assimilazione ragionata e argomentata, la memorizzazione , la personalizzazione del sapere. L’esito è stato in gran parte negli alunni solo una infarinatura di sapere, sotto cui, spesso, vi è il vuoto abissale.
Certamente tutto questo è frutto anche di precise scelte di impostazione storiografica e didattica Ad esempio molto ha pesato in questa evoluzione l’abbandono dell’idea che l’insegnamento della storia sia prevalentemente narrazione, per sostituirla con l’idea, dominante qualche anno fa, della storia-laboratorio e dell’alunno come piccolo storico che deve imparare ad usare i ferri del mestiere, manipolando come un apprendista stregone fonti e documenti; impresa ardua per ragazzini di 11-12 anni e in gran parte ideologica. Questo è però un problema complesso che meriterebbe successivi e ben più ampi interventi.

Parola e immagine, libro e web: non contrapposizione ma sinergia

Se riteniamo che la parola, la frase, il concetto, l’argomentazione, lo studio lento,attento e riflessivo, la memorizzazione abbiano ancora un ruolo nella formazione degli alunni nell’età dei nativi digitali allora non ci si può rassegnare a questa deriva. Bisogna reagire proponendo con forza, anche partendo dai libri di testo, scelte coraggiose che vadano contro corrente. Il testo scritto, e quindi il libro, deve mantenere quelle caratteristiche che valorizzino tutte le possibilità che la parola scritta offre e le sue peculiarità, non trasformarsi in altro.

Questo non in alternativa al web e agli strumenti elettronici ma in sinergia con essi: si tratta di due strumentiche vanno utilizzati al meglio per le potenzialità che essi offrono. Il libro non è una pagina web e la pagina web non può essere semplicemente un libro riprodotto su supporto elettronico. Al primo si deve chiedere di promuovere un apprendimento con le caratteristiche di cui abbiamo parlato sopra, al secondo di favorire un coinvolgimento piùdiretto dei ragazzi mediante la possibilità di entrare in contatto virtuale con siti, luoghi e oggetti, di acquisire materiali, di sviluppare percorsi di ricerca personali, di scambiare con altri comunicazioni, suggerimenti e attività, in un uso virtuoso della rete. In tal caso il libro deve essere completamente ripensato rispetto ai manuali in circolazione: deve avere un solido impianto narrativo, un’argomentazione curata, ampia e organizzata, una pulizia grafica, una netta distinzione tra il percorso narrativo di base e gli approfondimenti, un uso intelligente e non dispersivo delle immagini. Mentre il sito web deve essere un ambito interattivo dove all’alunno sono offerti ulteriori approfondimenti, materiali aggiuntivi, percorsi visivi, link che consentano di entrare in contatto diretto con le realtà che vengono studiate ma, soprattutto, deve offrire uno spazio per scambiarsi scoperte, ricerche, lavori, conoscenze.
Da parte nostra è già in atto un tentativo in tal senso. Si tratta del nuovo progetto intitolato Narrare la storia che chi scrive, insieme ai colleghi Luca Franceschini e Maria Silvia Riccardi, coordinati dal dott. Robi Ronza, stanno realizzando per l’editore Itaca. Il progetto, che rientra nella collana I libri de “La Cetra”, diretta dalla prof.ssa Raffaela Paggi, consta di un testo cartaceo, offerto ai docenti per l’adozione già a partire dal prossimo anno scolastico, cui si affianca un sito web attualmente in via di realizzazione e a cui potranno accedere classi e insegnanti che adotteranno il testo. Sia il testo cartaceo che il sito presentano le caratteristiche di cui sopra abbiamo parlato. Si tratta di un progetto per molti versi innovativo, nato dall’esperienza sul campo degli autori e che si apre, per la sua riuscita, alla collaborazione di tutti i docenti della materia intenzionati a giocare di nuovo al carta del sapere con i loro ragazzi, mossi dalla passione per la loro formazione culturale e per la disciplina che insegnano.

Articolo pubblicato su lineatempo.ilsussidiario.net 3 (2014)

 

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