La passione originaria di ogni docente

Tu sei spesso invitata a parlare ai docenti. Come accolgono la tua proposta?

Quando parlo ai docenti, a un certo punto pongo la domanda:
“Ma perché noi insegniamo italiano?”. E in tutti i docenti di lettere si accende il ricordo di quando la passione per la letteratura e per la lingua italiana era talmente forte che ci ha indotto a comunicarla a qualcuno.
Quando i professori tornano a quella passione… “è fatta”! Si ritorna a quell’amore per i testi, per le parole, senza dei quali non potevamo vivere, e che ci ha portato a insegnare ad altri. Questa passione nel tempo può essere soffocata da una serie di adempimenti burocratici, di difficoltà, di relazioni difficili con i genitori e con gli studenti. La scuola rischia di soffocare questo impeto di assoluta verità iniziale. Ma se si ritorna lì si affronta tutto in un’altra ottica e io vedo che proporre dei testi belli, potenti, veri, che sono quelli che ci hanno mosso originariamente, incontra qualsiasi docente di lettere.
Non ne ho ancora trovato uno che dica: “No, io sono andato a insegnare per fare le griglie valutative”, “No, io sono andato a insegnare per fare il PDP, il piano didattico personalizzato”. Nessuno. Poi si fa anche quello: come in una famiglia si fa anche il bucato, così si deve fare anche quello a scuola, ma è essenziale questo ritorno all’origine della passione comunicativa che ci ha mosso: altrimenti perché insegnare?

I libri da te ideati nascono da questa passione comunicativa.

I nostri libri nascono da questa passione e in qualche modo la ridestano, perché chi li scrive ha avuto la fortuna di trovare una comunità di docenti che si è aiutata a tener desta questa passione originaria; i testi che produce pescano in questo humus.
Certo, tengono conto dei programmi ministeriali, anzi ne realizzano più efficacemente gli obiettivi perché l’origine, la fonte sorgiva è questo amore per la letteratura e per la lingua e quindi ha l’effetto di ridestare questo amore con esiti molto positivi per gli studenti.

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