Il compito della scuola verso i giovani di oggi

Abbiamo iniziato la nostra conversazione su ciò che ha dettato l’esigenza di una nuova antologia focalizzando l’attenzione sulla richiesta dei docenti di avere uno strumento sì ricco di letture significative, ma al tempo stesso efficace didatticamente.
Ma dal punto di vista dei ragazzi, questa antologia come intende rispondere a una nuova generazione di giovani? Quali cambiamenti vedi in loro?

Senza fare grandi analisi sociologiche che richiederebbero tanto tempo e tanti dati che non abbiamo, quello che è più evidente dei nostri studenti è una disabitudine crescente a leggere i libri in autonomia come forma di intrattenimento; non avendo letto i libri classici hanno poco immaginario letterario.
La forma di intrattenimento che sta prendendo piede sempre di più è il digitale, il mondo della rete, l’immagine, il filmato…
Questa è stata la prima constatazione che ci ha fatto riflettere, ma
c’è un secondo fattore che desta ancor maggior preoccupazione, una tendenziale superficialità nei ragazzi nell’affrontare la testualità.
Del testo si colgono due, tre parole, le prime tre righe, come si fa sui social, come si fa in rete, senza la preoccupazione di una verifica, per cui di una notizia si coglie il titolo, di un avviso su Facebook si pone attenzione alle prime tre righe, e ci si accontenta.La scuola non può e non deve limitarsi a dare la proceduralità, la ritualità che offre il videogioco, un intrattenimento così evasivo, così rituale, che annulla la capacità progettuale, la capacità di creatività, di fantasia.
Questo contesto, che pare una tragedia, paradossalmente può essere un vantaggio per il docente di lettere.

In che senso? Spesso questa situazione che hai descritto porta a proporre ai ragazzi testi sempre più facili, al limite della banalità.

Io sono fermamente convinta del contrario. Se si vuole competere con l’industria dell’intrattenimento non si può proporre loro qualcosa che sia meno avvincente, anzi occorre proprio scegliere un libro di testo che abbia la forza sia di catturare l’attenzione sia di consegnare un significato grande, denso. Quando i ragazzi scoprono che la letteratura può essere una preziosa occasione per godere un’ora o due ore di incontro con mondi possibili, mondi fantastici, si appassionano e sono più aperti di prima a un lavoro di rilettura, di approfondimento. Non hanno infatti già un loro pregiudizio sulla lettura, buono o cattivo che sia.
Adesso quando si legge, si legge per la vita. I ragazzi capiscono che la lettura è una cosa seria.

Qual è il compito della scuola rispetto a questa generale superficialità nel rapporto col testo?

La scuola deve offrire ambiti, attività, laboratori, letture che facciano assaporare la vertigine del significato, il fatto che la vita abbia uno scopo, che la si possa dare per qualcosa di grande, che ci sia un’eroicità, un’epicità nella vita. Questo la scuola non solo può farlo, ma deve farlo. La scuola diventa interessante se si configura come luogo della ricerca guidata e appassionata del senso.
La scuola è il luogo dove la parola diventa storia, diventa discorso, dove la scoperta si sistematizza in un testo, si attesta. Se si toglie questo, la scuola non ha più senso di esistere. La scuola non può rinunciare a introdurre i suoi alunni in una testualità forte, matura, approfondita. E non è solo un problema di erudizione. Il problema è più profondo, è che non hanno più gli strumenti per affrontare la realtà.
Nella nostra cultura che affonda le sue radici nella tradizione ebraico-cristiana, greco-romana, il testo è sempre stato fondamentale, specie il testo scritto. Pensiamo che cos’è per gli Ebrei il lavoro sul testo scritto, il lavoro di interpretazione del testo; pensiamo a cos’era per gli antichi Greci l’educazione: la paideia avveniva attraverso la lettura dei poemi omerici. Pensiamo che arma ancora oggi può essere questa per costruire una capacità di ragione, di dialogo con l’altro e di costruttività nella società, nella propria civiltà.

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